LA CD. “CLAUSOLA DI TERRITORIALITÀ” NEGLI APPALTI
Con la recente sentenza n. 605/2019, il Consiglio di Stato ha stabilito che nel caso di un appalto per l'affidamento del servizio di riparazione, manutenzione e revisione di automezzi del Comune, deve ritenersi illegittima la clausola del bando che richieda alle imprese partecipanti, come requisito di ammissione alla partecipazione, la disponibilità di un'officina ubicata nel territorio dell'Ente locale. Il Giudicante ha precisato che la richiesta di questo requisito sin dalla data di presentazione della domanda anziché dopo l'aggiudicazione equivale a riservare la gara alle sole imprese che già operano nel territorio, in palese violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento richiamati dal codice dei contratti pubblici e dai principi cardine del diritto comunitario.
Ne deriva che la disponibilità di una sede operativa nell'ambito di un determinato raggio chilometrico deve essere intesa come impegno a dotarsene in caso di aggiudicazione e non può essere considerato requisito di partecipazione.
Più precisamente, si legge in una meno recente delibera ANAC (n. 250 del 12 Luglio 2007), il requisito di partecipazione previsto nel Capitolato speciale che richieda ai partecipanti di “avere un centro tecnico di assistenza di provata esperienza ...nel raggio massimo di 70 Km con un margine non superiore al 10% dalla stazione appaltante” attiene all'esecuzione del contratto e non ai requisiti dell'offerente e, pertanto, sarebbe dovuto essere inserito nell'ambito del criterio di aggiudicazione in sede di valutazione dell'offerta e non in sede di selezione dei partecipanti.
Approfondiamo, dunque, la questione.
Particolarmente interessante appare l'interpretazione offerta dal Tar Aosta (sent. n. 44/2018) relativamente alla previsione, nella gara di appalto, di attribuire un punteggio alla disponibilità di una sede operativa a una certa distanza dalla stazione appaltante: ebbene, secondo il Tribunale, una clausola del genere deve essere interpretata, sulla base dei principi costituzionali ed europei, nel senso che il maggior punteggio va riconosciuto a chi al momento della partecipazione alla gara si offra di dotarsi, in caso di aggiudicazione, di una sede operativa vicina all'amministrazione.
In particolare, vengono in rilievo, nel caso della sede operativa locale, i principi europei e nazionali di libera concorrenza – che si sostanziano nell'effettiva contendibilità degli affidamenti da parte dei soggetti potenzialmente interessati –, di non discriminazione e parità di trattamento degli operatori economici, e del relativo corollario del “favor partecipationis” – con conseguente valutazione equa ed imparziale dei concorrenti e l'eliminazione di ostacoli o restrizioni nella predisposizione delle offerte e nella loro valutazione -, applicabili tanto agli appalti sopra soglia che a quelli sotto soglia (ai sensi del combinato disposto degli artt. 30 e 35 d.lgs 50/16).
Al riguardo, il Tar cita la giurisprudenza amministrativa sul carattere anticoncorrenziale di tutte quelle clausole dei bandi di gara che richiedono alle imprese partecipanti, quali requisiti di partecipazione alla gara o criteri tecnici per il riconoscimento di un maggior punteggio, l'ubicazione della sede operativa entro una certa distanza rispetto al servizio da espletare o la disponibilità di strutture o uffici operativi prima dell'aggiudicazione della gara (in questo senso, ex plurimis, C. Stato, Sez V, 12 luglio 2004, n. 5049 e T.A.R. Latina, (Lazio), Sez. I, 20/12/2017, n. 637).
Per altro verso, il Tar cita pure la giurisprudenza costituzionale e comunitaria sulle clausole del bando o del disciplinare di gara che limitino in modo ingiustificato tanto la libertà di stabilimento, quanto la libertà di prestazione di servizi da parte di operatori stranieri o che comunque hanno sede in Paesi membri, ma al di fuori dei luoghi indicati nelle regole di gara.
Il TAR Aosta ha poi chiarito, con riferimento alla fattispecie esaminata, che attribuire un punteggio al solo concorrente che possiede già al momento dell'offerta un ufficio operativo nel raggio di 80 Km dalla sede dell'assicurato significa di fatto discriminare sotto il profilo territoriale quegli operatori economici che abitualmente operano in paesi stranieri o comunque al di fuori del territorio indicato nelle regole di gara, avvantaggiando in modo eccessivo quegli operatori che già si trovano ad operare in detto territorio.
Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, il maggior punteggio va riconosciuto a chi al momento della partecipazione alla gara si offra di dotarsi, in caso di aggiudicazione, di un ufficio (o officina, nel caso che ci occupa) operativo conforme alla previsione del disciplinare, dovendo poi il concorrente vincitore che abbia fatto valere tale requisito, effettivamente garantire l'esistenza dell'ufficio per tutta la durata del rapporto contrattuale.
Del resto, l'interesse sotteso al requisito previsto dal disciplinare di gara può essere soddisfatto anche da quelle imprese concorrenti che, pur non operando di norma nell'ambito territoriale di riferimento, possono dotarsi, in caso di aggiudicazione, di uffici operativi attraverso una molteplicità di strumenti negoziali di durata pari al contratto stipulato con la stazione appaltante, senza in tal modo doversi assumere un onere economico del tutto ingiustificato.
Conforme alla ratio sopra menzionata è anche l'orientamento della giurisprudenza amministrativa formatosi sulla questione relativa alla legittimità della clausola di gara avente ad oggetto il possesso di un centro di cottura ad una determinata distanza dal luogo di esecuzione del servizio.
Al riguardo, appare interessante la recente pronuncia del Tar Napoli (n. 776/2019). Nel caso affrontato, la vicinanza del centro cottura era stata richiesta “formalmente” quale requisito di esecuzione di un servizio di gestione bar, ma, al contempo, influiva in maniera determinante sulla valutazione dell'offerta tecnica (essendo stato previsto negli atti di gara un punteggio premiante non solo in ragione della maggiore o minore distanza rispetto al luogo di esecuzione, ma anche al possesso della certificazione di qualità in relazione al predetto centro cottura).
Ad ulteriore conferma del fatto che si trattasse di condizione rilevante ai fini della stessa partecipazione, la Stazione appaltante, nei chiarimenti, aveva anche precisato che la disponibilità del Centro di cottura dovesse essere dimostrata già “in sede di gara” con la “presentazione di un contratto di affitto, di proprietà, di comodato d'uso, etc.”.
Il TAR Napoli ha evidenziato la natura “escludente” in senso lato della previsione in questione che, così come articolata, è apparsa configurare il possesso del centro di cottura come un requisito di partecipazione anziché di sola esecuzione del servizio, dal momento che (i) si trattava di un elemento da indicarsi già in sede di offerta e da farsi oggetto di autonoma valutazione da parte della Commissione preposta; e (ii) il mancato possesso vanificava ogni possibilità di presentare una proposta realmente competitiva, comportando l'assegnazione di zero punti a due rilevanti voci di valutazione dell'offerta tecnica.
La pronuncia in esame prende le mosse da un orientamento giurisprudenziale che attribuisce alla vicinanza dei centri cottura la natura di elemento materialmente necessario per l'esecuzione delle prestazioni oggetto del servizio, esigibile nei confronti del solo aggiudicatario come "condizione" per la stipulazione del contratto.
Del medesimo avviso il Consiglio di Stato che con sentenza n. 5929/2017 ha così statuito: “Il possesso di un centro di cottura per le emergenze costituisce infatti non tanto un requisito di partecipazione quanto un elemento materialmente necessario per l'esecuzione del contratto di appalto del servizio di mensa scolastica. Dunque è legittimamente esigibile verso il concorrente aggiudicatario definitivo come condizione per la stipulazione del contratto, perché è in quel momento che si attualizza per l'amministrazione l'interesse a che il contraente abbia a disposizione una struttura per assicurare la continuità del servizio in ipotesi di malfunzionamento di quella ordinariamente prevista per la preparazione dei pasti. 14. L'opposta tesi dell'appellante appare invece ingiustificatamente restrittiva della concorrenza e irragionevole, nella misura in cui impone a tutti i concorrenti di procurarsi anticipatamente, e comunque prima dell'aggiudicazione definitiva un centro di cottura d'emergenza autorizzato: dunque di reperire, con evidente onere economico e organizzativo che poi potrebbe risultare ultroneo per chi non risulta aggiudicatario, immobili idonei alla preparazione di pasti per servizi di ristorazione collettiva, sostenendo i connessi investimenti in vista di una solo possibile ma non certa acquisizione della commessa.
Prima dell'aggiudicazione, considerata l'alea della gara, è in realtà sufficiente, anche ai fini del rispetto della par condicio, che vi sia una formale dichiarazione di impegno del concorrente a procurarsi tempestivamente un centro di cottura per le emergenze, sulla cui base la stazione appaltante possa poi pretendere a pieno diritto che sia acquisita la disponibilità effettiva della struttura, ai fini della stipula e della successiva esecuzione del contratto d'appalto”.
Le medesime argomentazioni sono state spese dalla giurisprudenza amministrativa con riferimento al requisito della “vicinanza” al luogo di esecuzione dell'appalto di strutture funzionali all'erogazione di altre tipologie di servizi e, da ultimo, dalla sentenza n. 605/2019 del Consiglio di Stato, citata all'inizio e alla quale torniamo all'esito del suesposto breve excursus.
La pronuncia in questione ha precisato che clausole di partecipazione aventi un oggetto “strettamente” territoriale sono illegittime perché non consentono all'impresa di organizzarsi all'esito della vittoriosa partecipazione e, di conseguenza, comprimono il confronto concorrenziale, introducendo sostanzialmente una clausola di esclusione in violazione del principio di tassatività.
La sentenza del Consiglio di Stato era relativa al caso in cui l'avviso pubblico conteneva una clausola che, tra i requisiti di idoneità professionale, richiedeva, a pena di esclusione, “il possesso di un'officina, al momento della presentazione dell'offerta, con sede operativa nel Comune di Falconara Marittima”. Così statuiva il Giudicante: “8.2. Ed invero, non risultano condivisibili le statuizioni della sentenza impugnata che hanno ritenuto non irragionevole né sproporzionato, in rapporto all'oggetto dell'appalto, il requisito anzidetto, in quanto rispondente all'esigenza del Comune, dotato di un parco mezzi ristretto e di pochi dipendenti, di assicurare che questi ultimi possano, facilmente e in breve tempo, raggiungere il luogo di riparazione dei veicoli.
8.3. Né persuadono le argomentazioni valorizzate dal primo giudice secondo cui, per un verso, trattandosi di requisito speciale attinente alla capacità tecnico professionale, esso non sarebbe soggetto al principio di tassatività e tipicità delle cause di esclusione (riferibile solo ai requisiti di ordine generale di cui all'art. 80), ben potendo la Stazione appaltante, come stabilito dell'art. 83 del d.lgs. n. 50 del 2016, prevedere altri ed ulteriori requisiti di natura speciale rispetto a quelli stabiliti dalla legge, purché attinenti all'oggetto dell'appalto e nel rispetto del criterio di proporzionalità (nella fattispecie in esame, secondo il tribunale, neppure apprezzabile in concreto per non avere, comunque, il Consorzio indicato quale sarebbe, in ipotesi, l'officina più vicina nella sua disponibilità), e per altro verso non sussisterebbe un'effettiva lesione dei principi di par condicio e di massima partecipazione alle gare, non essendo richiesta la proprietà, ma la sola generica disponibilità, peraltro dimostrabile anche attraverso accordi commerciali (purché idonei a garantire, comunque, l'utilizzo di tale struttura per lo svolgimento dei servizi a favore dell'Ente).
8.4. Osserva la Sezione come la clausola di territorialità in esame, per come congegnata, risulta censurabile in quanto, se è vero che, in relazione all'oggetto dell'appalto (la riparazione e manutenzione di veicoli di proprietà del Comune, che è dotato di un esiguo numero di mezzi e di dipendenti) c'è un'effettività esigenza di prossimità dell'officina in cui vanno eseguite le prestazioni al fine di non distogliere a lungo il personale dai compiti d'ufficio (e in questo senso il requisito risponde a ragionevolezza) e che, inoltre, la clausola impugnata, siccome integrata dai chiarimenti forniti dalla stazione appaltante (peraltro solo successivamente all'invio delle lettere di invito), nel riferirsi genericamente al possesso dell'officina non ne richiede la proprietà, ma anche la sola disponibilità dimostrabile mediante accordi commerciali, è anche vero, tuttavia, che il possesso di un'officina con sede operativa nel territorio del Comune è espressamente qualificato dalla lex specialis come requisito di partecipazione ai fini della gara e non già di mera esecuzione, richiesto, a valle dell'aggiudicazione, per la sola stipula del contratto.
8.5. Ne consegue che coglie nel segno, in relazione a tale aspetto, la doglianza di violazione dei principi di massima partecipazione alle gare e par condicio in quanto la clausola territoriale in esame di fatto favorisce la partecipazione alla gara delle sole imprese locali (verosimilmente già in possesso di un'officina con sede operativa nel territorio del Comune), risultando fortemente limitativa della concorrenza lì dove di fatto “non consente all'impresa di organizzarsi all'esito della vittoriosa partecipazione” (come già evidenziato dalla copiosa giurisprudenza amministrativa, richiamata anche dall'appellante, sulla disponibilità da parte dell'impresa di un idoneo centro cottura negli affidamenti dei servizi di ristorazione e refezione: cfr. ex multiis Consiglio di Stato, V, 18 dicembre 2017, n. 5929). Ed invero, il richiedere il possesso di un'idonea officina sarebbe stato legittimamente esigibile verso il concorrente aggiudicatario definitivo come condizione per la stipulazione del contratto, attualizzandosi in quel momento l'interesse dell'amministrazione a che il contraente abbia a disposizione una struttura per assicurare la continuità del servizio: per converso, la clausola in parola, nella misura in cui richiede a tutti i concorrenti di procurarsi anticipatamente e già al momento della domanda, la disponibilità di un'officina localizzata nel Comune, finisce per imporre a carico dei medesimi un onere economico e organizzativo che potrebbe risultare ultroneo e sproporzionato, obbligandoli a sostenere i connessi investimenti per il reperimento degli immobili idonei in vista di una solo possibile ma non certa acquisizione della commessa, senza che a ciò possa sopperire l'eventuale ricorso all'istituto dell'avvalimento per l'evidente considerazione che l'effettiva operatività dell'istituto dipende non solo dalla decisione della concorrente (che comunque non può partecipare individualmente), ma anche dalla volontà concorde di altre imprese.
Né risulta conferente il richiamo operato dal Tribunale al precedente di questa Sezione (Cons. Stato, V, 12 maggio 2017, 2238), in quanto, sebbene anche in tale ipotesi la clausola di territorialità (consistente nel prescritto possesso di un impianto di recupero dei rifiuti posto in Roma o in un Comune limitrofo nel raggio di 30 chilometri) fosse prevista come requisito di partecipazione, nondimeno il più ampio raggio di ubicazione previsto rendeva, senza dubbio, il requisito meno stringente, non pregiudicando in concreto i principi di par condicio e massima partecipazione alla gara.
8.6. In conclusione, la clausola impugnata è illegittima, in quanto sproporzionata e distorsiva del principio di concorrenza tra imprese, poiché il richiedere il possesso (rectius l'effettiva disponibilità in base ad un titolo giuridico valido) di un'officina ubicata nel territorio Comune, sin dalla data di presentazione dell'offerta e come requisito di ammissione, di fatto equivale a riservare la gara alle sole imprese che già operano nel territorio, in palese violazione delle disposizioni comunitarie”.
In quest'ottica, dunque, è legittimo richiedere, in fase di gara, solo una formale dichiarazione di impegno del concorrente a procurarsi tempestivamente una unità operativa sita nel raggio chilometrico individuato dalla Stazione Appaltante, sulla cui base quest'ultima potrà poi pretendere a pieno diritto che sia acquisita la disponibilità effettiva della struttura in caso di aggiudicazione, ai fini della stipula e della successiva esecuzione del contratto d'appalto (così anche TAR Napoli, sent. n. 2083/2018). Una clausola difforme determinerebbe infatti l'illegittima restrizione della concorrenza, in ragione dell'imposizione, sin dalla partecipazione, di un rilevante onere economico e organizzativo, risultante poi ultroneo per tutti i concorrenti diversi dall'aggiudicatario. Una diversa soluzione violerebbe altresì il principio di non discriminazione e di parità di trattamento, determinando da un lato una situazione di indebito vantaggio per gli operatori economici già operanti sul territorio di riferimento, dall'altro la preclusione alla partecipazione, a causa della richiesta capacità organizzativa aggiuntiva, per l'impresa non operante sul medesimo territorio.
Avv. Paola Piccoli - Avv. Gianluca Ghirigatto
di Avv. Paola Piccoli